” Se io che non cammino sono riuscito a “correre” la maratona, a te cosa lo impedisce se lo desideri davvero ? ” E’ questo il messaggio che avrei voluto passare quando mi è stato chiesto in intervista di parlare della mia prima maratona in carrozzina. Seppur non sia una persona timida non volevo certo ingigantire con la risonanza dei media quelle piccole imprese, più personali che altro, ma avevo forse l’ingenuo augurio che disabili ( e non ) potessero trarne spunto per mettersi in gioco. Tuttavia ho avuto l’impressione che nonostante articoli molto belli, dei quali sono rimasto lusingato, sia stata (astutamente) dato più rilievo a quelle due o tre parole in grado di attirare attenzione piuttosto che all’impronta che inizialmente avrei voluto dare. Approfitto quindi del canale che i Runners Bergamo mi mettono a disposizione per parlare in prima persona. E se altri vorranno condividere queste parole sarà cosa molto gradita .
Prima di iniziare, visto che me lo chiedono tutti vi tolgo subito il dubbio : si, la carrozzina ( non l’handbike come inavvertitamente qualcuno ha riportato ) con la quale ho partecipato me l’ha davvero prestata Alex Zanardi. E domanda a seguire: No, non è una di quelle che usa lui personalmente. Io non le muoverò, ma le gambe da qualche parte le dovrò pur mettere. Zanardi ha tutta la mia riconoscenza per questo grande favore e lo dico sul serio , ma non penso che la notizia sia quella . Forse è più interessante capire il perché mi sia servita una carrozzina da atletica .
Partiamo dall’inizio. Io arrivo da qualche anno di agonismo ma non in carrozzina , bensì in handbike. Per i non addetti al settore la carrozzina equivale al podismo, l’handbike invece al ciclismo. In carrozzina sono un neofita mentre in handbike non sono un fenomeno ma me se mi preparo me la cavo bene e tra una gara para ciclistica e l’altra qualche maratona in handbike già la feci. Ma la maratona tuttavia non nasce per il ciclismo, è pur sempre un evento podistico che talvolta ospita a discrezione dell’organizzazione il para ciclismo. Tuttavia rispetto agli inizi dove le handbike facevano 20 km/h ora le medie possono superare i 40 km/h, alla luce di ciò alcune maratone consentono una competizione effettiva, altre solo competizione dimostrativa altre per motivi logistici o organizzativi solo partecipazione pilotata e rallentata. E’ quest’ultimo il caso degli ultimi anni di New York City Marathon, ospita le handbike ma al contrario delle carrozzine non consente una vera competizione , sono solo partecipative e devi andare piano , pena la squalifica. Ora non è questione di competere con qualcuno, ma domando: che senso avrebbe una medaglia presa senza nemmeno sudare? Rallentando e pilotato per finirla in minimo 1:35 obbligato quando impegnandoti potresti stare sotto 1:10? Sarebbe una medaglia vuota , senza consistenza alcuna.
Io invece volevo che quella maratona avesse per me significato , non vi ho ancora detto che per mio padre alla vigilia dei 60 anni quella di New York sarebbe stata la sua prima maratona e mi ha invitato con lui negli Stati Uniti , tuttavia non volevo limitarmi a fare il turista tanto meno fare i 42 km a mò di passeggiata in handbike, volevo invece che quel momento avesse per me significato, che non fosse una cosa scontata e tanto meno data per certa , ed è li che è scattata la scintilla, sarebbe stata la mia prima maratona in carrozzina, sempre se fossi riuscito a prepararmi da zero.
Ora passare dalla handbike alla carrozzina è come per un culturista passare al nuoto o a uno sciatore professionista darsi al salto in alto, puoi avere forza e fiato ma senza tecnica e mezzi adeguati non vai da nessuna parte.
A inizio articolo ho lasciato intendere che tutti, disabili e non possono correre una maratona con la giusta motivazione , ma poterlo fare non significa che sia facile o scontato ed è proprio questo il bello che ti sprona a darti da fare.
Sono pronto a scommettere che tutte le 53638 persone che hanno tagliato quel traguardo hanno dovuto superare numerose difficoltà durante la loro preparazione, per alcuni fisiche, per altre economiche (solo il pettorale sono circa 500 euro), per qualcuno emotive e molte altre che conoscerà solo chi le ha vissute,le difficoltà che ho incontrato io da disabile non sono più o meno ostiche di altre , sono semplicemente diverse.
Ma é a queste difficoltà che dobbiamo dire grazie,alle quali dobbiamo essere grati, sono proprio queste difficoltà che danno spessore all’evento , conferendo peso e consistenza a quella medaglia che stiamo cercando di guadagnarci , avversità che alla fine dei giochi ti fanno sentire orgoglioso … ma orgoglioso di cosa alla fine? Di aver perso a una competizione? Perché parliamoci chiaro, uno vince , una manciata competono e 50’000 persone perdono. Ma tu , forse ultimo degli ultimi sei lo stesso orgoglioso e lo sei non perché sei arrivato prima di un altro , lo sei perché quell’arrivo non è mai stata cosa certa , possibile ma non scontato, ed è diventato realtà solo perché nei mesi precedenti non ti sei arreso alle sveglie prima dell’alba, non ti sei arreso alle tendiniti, alle dita tagliate nei raggi ogni volta che mancavi un colpo, sopratutto non ti sei arreso alla frustrazione di aver scelto di apprendere una nuova disciplina dove sei una schiappa “sacrificandone “un’altra dove a podio invece ci arrivavi e qualche vittoria ogni tanto ci scappava, e poi c’è stato il grande giorno e più in quel giorno ti sei avvicinato al tuo personale limite di sopportazione della fatica durante quei 42 km più è stato dolce attraversare la linea del traguardo, non conta se il timer ti da 2 ore dal primo, conta solo quanto sei riuscito a stringere i denti quando tutto il tuo corpo ti chiedeva ,talvolta prepotentemente, di mollare, ma tu pur sapendo che non avresti mai potuto vincere non l’hai fatto.
Sei orgoglioso di aver perso perché per poterti portare a casa quella sconfitta nei mesi precedenti per prepararti hai dovuto tirare fuori il meglio di te , e non dimentichiamo che in tutto ciò ti sei pure divertito, chi non lo ammette o sta mentendo e vuole solo metterla giù più dura di quanto non sia oppure sta facendo sport per i motivi sbagliati.
Ognuno dovrà trovare la propria motivazione, diversa per tutti, per decidere di intraprendere un percorso sportivo , la cosa fondamentale è convincersi che per poter essere li e riuscire ad arrivare al traguardo non ci sono ostacoli insormontabili, vincere è un altra storia, ma se corri soli per vincere hai perso in partenza. Certo, anche solo per essere al via per qualcuno gli ostacoli saranno maggiori che per altri ma di questo si dovrà solo dire grazie , perché anche se non potrà mai diventare campione del mondo il superare questi ostacoli ti darà una soddisfazione proporzionale alla difficoltà degli stessi.
A volte la cosa più difficile é proprio prendere il via, ma il bello dello sport é che é facile trovare gente appassionata ed entusiasta pronta a consigliarti , non che tutti siano buoni consigli o tutti siano competenti in quel che fanno, ma anche questo fa parte del gioco. Io non conosco il podismo ma conosco abbastanza la realtà paralimpica e se ci fosse qualche disabile ancora titubante mi contatti o scriva direttamente ad obiettivo3, hanno aiutato me che già avevo un chiaro obiettivo dandomi consigli e strumenti per perseguirlo , potrebbero aiutare te anche solo e semplicemente suggerendoti uno scopo, talvolta con una semplice spinta si mettono in moto grandi cose inaspettate.
Come è mio solito fare ho divagato, avrei voluto parlare delle emozioni vissute durante i passaggi nella grande mela, delle amicizie strette nel viaggio, delle bellezze collaterali scoperte nel percorso di avviarsi ad una nuova disciplina, del sostegno organizzativo e morale che mi hanno dato i parenti restati a casa , ringraziare nuovamente chi mi ha dato modo di essere lì al via, ma alla fine il discorso ha preso una piega diversa ma va bene così.
E ora che sai quasi tutta la storia ti rifaccio la domanda: “qualunque sia il tuo obiettivo, se ho “corso” io la maratona senza poter camminare cosa impedisce a te di raggiungere il tuo scopo?
Andrea Offredi