agosto 2021
di Roberto Trabucchi, sognatore
I sogni sono tanti fin da bambini, alcuni realizzabili, altri meno… chi non ha mai sognato qualcosa di impossibile tipo fare l’astronauta o il ricercatore che inventa la cura per tutti i mali del mondo? Io ho sempre sognato tante cose tipo correre maratone, corse in montagna e dai tempi delle prime letture di Salgari, di vedere tutto il mondo, foreste, animali, popolazioni indigene, scogliere, mari e monti… ecco i monti, ma la montagna per eccellenza era una ed una solamente: il Cervino! Quello di Mike Bongiorno accanto alla croce a bere grappa, quello di un paio di conoscenti con la foto di vetta in bianco e nero in bella mostra all’ingresso di casa, quello favoloso che vidi per la prima volta dal vivo intorno ai 10 anni e restai ammaliato ad ammirarlo, quello che ogni volta che ci andavo a sciare seguivo il profilo splendido sensuale come una bella donna sinuosa: era la montagna per eccellenza!! Venne la solitaria di Messner sull’Everest ed il fantastico mondo himalayano che visitai, scoprii le favolose cime andine con l’Alpemayo su tutte e le mie favolose Orobie con la prima sul Coca che rimane un ricordo bellissimo, ma il Cervino… dopo oltre 40anni di voli pindarici, viaggi in ogni angolo della terra e due tentativi abortiti in fase di programmazione l’insistenza di Lory ha la meglio e prendo il destino tra le mani ed una decisione: ci provo, o ora o mai più! Probabilmente mi sto preparando inconsciamente da anni per quello quindi contatto la miglior guida sulla piazza di cui tutti mi hanno parlato bene (Yuri Parimbelli, scalatore di fama internazionale, vero uomo di montagna), ci incontriamo e decidiamo: alla prima finestra utile ci proveremo. Sembra che dopo Ferragosto ci sia bel tempo ma solo il giorno prima ho la conferma: si tenta! Qualcuno sorriderà per l’enfasi con cui descrivo l’avvenimento: magari l’hanno già scalato 25 volte incluso invernale e compreso la nord di Bonatti ma per me è un mondo inesplorato e tutto da scoprire nonostante abbia letto e sentito decine di racconti sulla scalata ed i numerosi fallimenti.
Arriviamo a Cervinia con la nebbia, la Gran Becca si maschera tra le nubi e la notte passa al rifugio Duca degli Abruzzi a mt 2810 in attesa dell’ora X: le 2.30 di venerdì 21 agosto. Sveglia alle 2, tutto pronto dalla sera prima, colazione, frontale e si parte: condizioni perfette, luna coperta dai monti circostanti ma stelle a milioni e il profilo nero della Montagna che si intravede. Freddo ma non troppo, morale molto alto e via: senza troppi problemi in 2h giungiamo ai primi pezzi critici appena sotto la Capanna Carrel. Salendo la guida mi indica i nomi dei vari passaggi, tutti sentiti e letti decine di volte, nomi leggendari a partire dalla croce
dove morì di sfinimento il mitico Carrel dopo aver riportato alla base dei clienti in difficoltà… quel Carrel che nel 1865 arrivò secondo poche ore dietro all’inglese Whymper per la prima assoluta con la perdita di 4 compagni di cordata su 7, il Carrel che salì 51 volte in vetta, il Carrel cui ho visitato un rifugio a 4800mt a lui dedicato sul Chimborazo in Ecuador dove si arriva a 4500mt in auto… ma su quest’uomo bisognerebbe scrivere un libro a parte. Le Col du Leon, la Prima Corda, e la Seconda, e le Cheminee fino appunto alla Capanna Carrel posta a 3829mt da dove abitualmente partono le spedizioni. Già giungere qui è una meta, un sogno più piccolo che accanto a quello grande non riesci a gustare come la mezza maratona durante una Maratona: sono due cose diverse, la prima è solo una parte minore dell’altra quando corsa nella stessa gara. Un breve ristoro dopo 2h40 con la capanna deserta: sono tutti davanti a noi e vediamo le frontali brillare lungo la via come le stelle che iniziano a scomparire perchè intanto inizia a schiarire e tutto appare più chiaro su ciò che sto facendo ed anche il freddo inizia a pungere la gola le mani.
La Corda della Sveglia e il Ghiacciaio le Linceul e la Grande Corde e si vede la croce là in alto ma non arriva mai… superiamo alcune cordate, indichiamo la giusta via ad un ragazzo basco che aveva sbagliato percorso, la quota inizia farsi sentire con i battiti alle stelle nonostante si proceda lentamente ma non si molla nulla, sono sul pezzo, sono emozionato e non ho paura neanche un istante anche se in molti punti una scivolata sarebbe fatale. Vetta del Pic Tyndall e con il famoso Enjambèe si giunge sotto il torrione finale… là in cima, 100 mt più sù, al sole mente noi siamo sempre all’ombra della Montagna, la croce che vedo da ore ma non ci si arriva mai… ma dopo il Col Fèlicite si vede la Scala Jordan, che non saliremo tagliando a sinistra passando dalla Corda Pirovano, e su e su e Yuri, un camoscio che danza sulle rocce come fosse parte della montagna stessa, mi anticipa di qualche metro e si illumina di luce abbagliante: allora ci sono davvero se lui è baciato dal sole! Un ultimo balzo e la vedo a 5 mt da me: la mitica croce posta sul Cervino ad inizio ‘900 con i due bracci con la scritta Pratumbor (Zermatt) e Vallistornench (Valtournenche) ad indicare i due paesi ai piedi del rispettivamente Matterhorn o Gran Becca. Piango a dirotto per l’emozione, abbraccio Yuri che mi ha dato una sicurezza fondamentale, ho le mani congelate con i miei guanti da cantiere come consigliato dalla guida per arrampicare meglio ma sono in vetta alla mia montagna ed attorno a me lo splendore assoluto con una visuale a 360 gradi da togliere il fiato e far dimenticare la fatica, il freddo, la sete, la fame: 6h16 minuti senza mai un dubbio, un ripensamento, un problema e l’ho scalata! Ce l’ho fatta ed è diverso dagli altri sogni: questo non puoi comprarlo come un biglietto aereo, questo lo devi conquistare metro per metro, goccia di sudore per goccia di sudore, respiro per respiro! Alle 14.25 dopo lunga ed estenuante discesa saremo al punto di partenza e voltandomi vedo il Cervino che si è nascosto tra le nubi come ieri appena arrivato al suo cospetto. Eppure con me è stato clemente lasciandomi la via sgombra per tutto il tempo, senza vento, traccia pulita a parte un fastidioso elicottero svizzero che ronzava attorno una decina di volte durante l’ascensione per regalare ai turisti un sogno a buon mercato come quelli che a volte ho comprato anch’io. Oggi saremo giunti in vetta in una decina e nello scendere, discesa infinita che non finisce mai, superiamo coloro che han rinunciato per sfinimento o problemi di quota e coloro che stanno salendo alla Carrel per tentare domani. All’andata a parte il respiro affannato pochi problemi per la quota ma in vetta, complice il freddo, un forte mal di testa mi accompagnerà fino ai 3000mt circa per poi scomparire.
Che giornata, che emozione, che sogno!!!
A Lory che mi ha spronato a realizzarlo
Roby Trabucchi
Tutte le foto della spedizione di questo pazzo sognatore, si posso vedere al seguente link: